Nei giorni di domenica 8 aprile, lunedì 9 e martedì 10, la nostra diocesi è stata visitata da tre gruppi di persone che, sentendo parlare della realtà del Sicomoro, sono venuti a conoscerla “sul Campo”; una tre giorni intensa e piena di emozioni che si sono percepite nelle dinamiche che si sono create. Metto di seguito le considerazioni di coloro che hanno visitato il Sicomoro di Olgiate Comasco e un assaggio di quello di Lomazzo. Ho personalmente avuto il dono di poter accompagnare questi nostri amici arrivati da tutta Italia. Don Sabino, vicerettore del seminario di Andria (Ba); don Nicolò, don Mattia, don Fabio e don Daniele della diocesi di Padova e don Davide con i ragazzi del Sicomoro di Pavia. preghiamo perché quest’esperienza sia sempre più viva nella nostra diocesi e possa essere stimolo per altre diocesi italiane. Ecco gli interventi dati dalla visita.
Caro Sicomoro di Olgiate Comasco,
grazie.
Grazie per averci accolti con i cioccolatini quando siamo arrivati. Grazie per la condivisione delle nostre esperienze che è nata in modo naturale, seduti su un divano attorno al tavolo, come una normale chiacchierata tra amici. Siamo stati colpiti dai vostri racconti perché in fondo erano simili ai nostri e forse ci siamo un po’ rispecchiati. Sentire come vivete la vostra esperienza di Sicomoro sicuramente ci aiuterà a far crescere la nostra, che è nata da poco e sta prendendo forma. Alcuni di noi hanno apprezzato il fatto che fra gli educatori avete anche due coniugi che si prendono cura di voi durante la vostra settimana comunitaria come se fossero una mamma e un papà. I vespri recitati insieme ci hanno fatto sentire famiglia. La cena ci ha dimostrato ancora una volta quanto sia grande il coinvolgimento di persone che si rendono disponibili per seguirci nelle nostre esperienze, senza le quali non sarebbero realizzabili. A tutti loro, cuochi, educatori, sacerdoti e famiglie, va il nostro grazie. La serata infine ci ha fatto immergere nella vostra quotidianità! Forse vi abbiamo disturbato mentre facevate i compiti, però è stato bello far passare il tempo scherzando, ascoltando musica e conoscendoci meglio, anche se in poche ore. Scattata la nostra prima foto di gruppo (speriamo sia solo la prima di tante) ci siamo salutati con la compieta. Noi “pavesotti” siamo risaliti sul pulmino guidato dal nostro Don e, con le orecchie frastornate dalla musica, abbiamo ripercorso quell’ora e mezza di strada per ritornare a Pavia, una distanza che dopo la giornata trascorsa insieme, è diventata solo apparenza.
I ragazzi del Sicomoro di Pavia
In visita al Sicomoro
Siamo Mattia, Fabio, Daniele e Nicolò, quattro giovani preti della diocesi di Padova. In questi giorni abbiamo potuto conoscere l’esperienza del Sicomoro e vorremmo raccontare la nostra breve visita e le nostre prime impressioni riassumendole in tre parole, che spieghiamo e vi diciamo di seguito:
Ciao!
Entrare a casa san Gerardo, la comunità del Sicomoro di Olgiate, o nel sicomoro di Lomazzo è come se si entrasse a casa di amici. L’accoglienza è semplice e cordiale, i luoghi familiari, il clima caloroso, anche in giornate di pioggia. Qualche scalino per entrare, e si è già nel vivo di un’esperienza che, senza mediazioni, si racconta in tutta la sua vita vissuta. Gli educatori, i ragazzi, il responsabile ti dicono così: “Ciao! Benvenuto!”. Il Sicomoro, anzi i Sicomori, sono loro, perciò non li si trova descritti in nessuna relazione: ogni Sicomoro è i volti che lo abitano, volti accoglienti, che si possono conoscere solo incontrandoli, e, davvero, si lasciano incontrare.
Insieme.
Ci sono due reciprocità che abbiamo riconosciuto come preziose per questa esperienza. La prima è quella che dà forma alle equipe educative: la reciprocità tra la coppia di sposi e il sacerdote. Una reciprocità che racconta sinteticamente e chiaramente l’essere chiesa: fratelli nel battesimo, ognuno con la sua peculiarità a servizio della comunità e del mondo, le diverse attitudini si valorizzano a vicenda, e ogni vocazione si coglie più pienamente nella complessità della comunione. È bello vedere coppie di sposi e preti che collaborano nell’educazione e da questo si respira la ricchezza dei punti di vista diversi e delle capacità complementari.
Ci sembra che un’altra reciprocità feconda sia quella tra la piccola comunità del Sicomoro che si crea e quella delle comunità parrocchiali dove esso si sviluppa. La parrocchia lo organizza, lo rende possibile, lo accoglie e lo sostiene in tanti modi; da parte sua la piccola comunità del Sicomoro offre occasioni di riflessione a tutta la parrocchia, mostra un modo di educare, un modo di vivere l’essere prete e l’essere fratello impegnato nella comunità, è segno visibile che ogni giovane, e ognuno di noi ha bisogno di mettersi in gioco nella vita e nella propria vocazione.
Ogni giorno.
Piatti da lavare, verifiche da preparare, l’incontro di catechesi e la messa prima di cena… l’esperienza del Sicomoro ha tutti gli ingredienti della quotidianità, consente ai ragazzi, grazie alla presenza locale e alla cadenza mensile di rimanere ancorati alle consuetudini di tutti gli adolescenti, e riesce ad inserire in questa realtà una occasione di crescita particolare, in qualche modo stra-ordinaria. Questa crescita radicata nella relazione con Gesù diventa una occasione provocante anche per i coetanei dei ragazzi che li incontrano a scuola o in parrocchia. È una esperienza che mostra tutti i limiti della quotidianità: gli impegni cha talvolta chiedono adattamenti e rinunce, le relazioni sempre da curare, i difetti personali da affrontare. Ci sembra una esperienza positiva anche perché, nella quotidianità, tutti questi benedetti limiti a poco a poco emergono e possono essere accompagnati, affrontati, e accolti nella relazione educativa.
Infine, ringraziamo don Silvio per averci accompagnati in questi due giorni di visite e le comunità dei Sicomori di Olgiate e Lomazzo per essersi lasciate incontrare e interrogare. Auguriamo a tutti un buon cammino.
Mattia, Daniele, Fabio, Nicolò
Due giorni all’ombra del Sicomoro
Dell’esperienza del Sicomoro della diocesi di Como mi ero informato abbastanza bene leggendo articoli di riviste e visitando il sito internet. Da subito questa nuova modalità di accompagnamento vocazionale mi aveva molto interessato e, come educatore del Seminario minore della diocesi di Andria in Puglia, ne avevo parlato al rettore e agli altri membri dell’equipe formativa partecipando l’idea che fosse necessario confrontarsi con questa esperienza.
Da alcuni anni come equipe formativa ci stiamo interrogando sul bisogno di mutare le forme dell’accompagnamento vocazionale del seminario minore restando fedeli all’essenza di questa realtà, cioè la necessità di curare i germi di vocazione di preadolescenti e adolescenti. Di qui è nata l’idea di visitare direttamente l’esperienza del Sicomoro non limitandosi a ciò che si può leggere su di essa.
La mia presenza nella diocesi di Como è durata solo due giorni, ma sono stati giorni molto intensi con la visita alle realtà dei Sicomori di Olgiate e Lomazzo, accompagnato dalla grande disponibilità e accoglienza di don Silvio Bellinello. Vedere direttamente le realtà, rendersi conto della geografia del territorio e ascoltare le voci delle persone direttamente coinvolte è stato un grande guadagno che non sarebbe stato possibile altrimenti.
Tanti sono gli aspetti che hanno suscitato in me importanti riflessioni, quattro sono quelli che reputo decisivi.
Prima di tutto ciò che mi ha piacevolmente colpito è vedere la testimonianza di sacerdoti che credono all’accompagnamento vocazionale, che non si arrendono al calo delle vocazioni, che credono che il Signore continui a chiamare anche in questo tempo. Inoltre colpisce il coraggio di accompagnare personalmente i ragazzi non sottraendosi alla possibilità di far loro proposte alte. La bellezza di questa testimonianza di vita infonde notevole speranza e coraggio.
Un secondo aspetto è quello di puntare decisamente nella proposta del Sicomoro a creare un clima familiare, realizzato con la scelta delle strutture dove fare vita comune ma soprattutto attraverso la presenza della famiglie che seguono i ragazzi. Penso che questo sia fondamentale per permettere ai ragazzi di sentirsi al loro agio e donare loro una buona serenità.
Un aspetto che mi ha molto stimolato è quello che nella realtà del Sicomoro i ragazzi sono posti in un quotidiano contatto con la vocazione matrimoniale e la vocazione sacerdotale. L’idea che i ragazzi possano vedere come le due vocazioni possano collaborare nella loro complementarietà è molto bella, ma soprattutto mi sembra interessante che i sicomorini possano sperimentare come entrambe le vocazioni siano al servizio della comunità cristiana.
Un ultimo aspetto interessante è stato vedere la serenità dei ragazzi del Sicomoro e cogliere come loro abbiano trovato in questa esperienza la formula giusta per dare seriamente spazio alle loro domande di futuro. Sicuramente questo mix fra vita comune e vita in famiglia sembra essere la formula a misura di adolescente per il giorno d’oggi.
Sono tornato ad Andria molto soddisfatto dell’esperienza vissuta. Sicuramente le realtà ecclesiali di Como e di Andria non sono immediatamente sovrapponibili tanto da poter esportare in maniera meccanica l’esperienza del Sicomoro, ma i punti che ho scritto sopra sono importanti a qualsiasi latitudine e saranno oggetto di attento discernimento pastorale.
Don Sabino Mennuni